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E’ stato pubblicato sulla G. U. della Repubblica Italiana n. 269 del 19 novembre u. s. il il Decreto interministeriale  1° ottobre 2018, n. 131 del  Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole  Alimentari,  Forestali  e del Turismo e il Ministro della Salute, in allegato alla presente, relativo  al Regolamento recante disciplina della denominazione di «panificio», di «pane fresco»  e  dell’adozione  della  dicitura  «pane  conservato», in attuazione del decreto legge 223/2006 convertito nella legge 4 Agosto 2006 n. 248.

Il testo del DM prevede all’art. 1 che per “panificio” si intende l’impresa che utilizza impianti  di produzione di  pane  ed  eventualmente  altri  prodotti  da  forno  e assimilati o affini e  svolge  l’intero  ciclo  di  produzione  dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale.

All’art. 2 s’introduce la definizione di “pane fresco” specificando che è tale il pane ottenuto secondo un processo di produzione   continuo,  senza che vi siano   interruzioni   finalizzate   al congelamento o  surgelazione,  ad  eccezione  del  rallentamento  del processo di lievitazione, e che non veda l’utilizzo di additivi conservanti  e  di  altri trattamenti aventi effetto conservante.

Per quanto riguarda il processo di produzione è considerato continuo quello che ha una durata massima di 72  ore  comprese tra l’inizio della  lavorazione del pane  e la sua  messa  in  vendita..

All’art. 3 viene definito quale  pane conservato o a durabilità prolungata” il pane non  preimballato per il quale la procedura di produzione prevede , un metodo di conservazione ulteriore rispetto ai metodi sottoposti  agli  obblighi informativi previsti dalla normativa nazionale e dell’Unione europea ( ad es. pane precotto surgelato o meno).

 Per questa tipologia di pane secondo l’articolo  44  del  regolamento  (UE)  n. 1169/2011 nel momento della vendita deve essere fornita, al fine di evitare che il consumatore possa essere indotto in errore così come prevede l’allegato VI,  parte A al  punto 1, del regolamento (UE) n. 1169/2011, adeguata informazione riguardo il metodo di conservazione utilizzato nel processo produttivo nonché le modalità per la sua conservazione ed il consumo.

Ciò si realizza tramite un’apposita dicitura da riportare sul cartello , di cui all’art. 19 del Decreto legislativo n. 231/2017, negli specifici comparti in cui viene collocato, distinti rispetto a quelli in cui viene esitato il pane fresco. 

Viene stabilito all’art. 4 che in base al principio del mutuo riconoscimento per i prodotti di panificazione realizzati negli altri Paesi membri dell’Unione Europe, la Turchia e gli altri stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo e commercializzati in Italia non vengono applicate le disposizioni del presente decreto.

Secondo l’art. 5 gli incarti ed imballi aventi denominazioni o diciture che non rispettano le disposizioni del decreto  possono essere utilizzati fino ai 90 giorni a partire dalla data di pubblicazione del decreto.

Il decreto, si specifica all’art. 6,  entrerà in vigore il 19 Dicembre. 

 

Per completezza dell’informazione, vogliamo ricordare che, secondo quanto stabilito dai commi 3 e 4, dell’art. 4,.della citata legge n. 248 del 2006:

a) le funzioni di vigilanza spettano ai comuni e alle autorità competenti in materia igienico-sanitaria;

b) le eventuali violazioni delle prescrizioni di cui al presente articolo sono punite ai sensi dell’articolo 22, commi 1, 2, 5, lettera c), e 7, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e precisamente:

con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.582,28 a euro 15.493,71;

– in caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco può inoltre disporre la sospensione della attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni. La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno, anche se si e’ proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione;

– nel caso di ulteriore violazione delle prescrizioni in materia igienicosanitaria avvenuta dopo la sospensione dell’attività, il sindaco ordina la chiusura di un esercizio;

Per le violazioni di cui sopra, l’autorità competente è il sindaco del Comune nel quale hanno avuto luogo. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da ordinanze ingiunzioni di pagamento.

Cordiali saluti.