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Lo scorso 20 marzo la Regione Piemonte ha pubblicato sul Bollettino Ufficiale, la D.D. 12 marzo 2014, n.52 con la quale ha approvato l’allegato tecnico “Metodologie per la misura, il campionamento delle emissioni di ossidi di azoto prodotte dagli impianti termici civili”.

La Determina comprende:

  • Finalità
  • Metodi di campionamento e strumentazione
  • Conversione delle concentrazioni misurate (ppmv) in fattori di emissione (mg/k Wh)
  • Tolleranza e confronto con i valori limite.

Ufficio Categorie – Cristina Baccichetto, tel. 0141.5962 int. 04 – cristina.b@confartigianatoasti.com

Termine per la presentazione delle domande: 30 maggio 2014

La Camera di Commercio di Asti indice l’edizione 2014 del Concorso per la Premiazione della Fedeltà al Lavoro e del Progresso Economico

Possono partecipare:

lavoratori con non meno di 25 anni di ininterrotto servizio alle dipendenze di un’impresa operante nei vari settori, di un’organizzazione di categoria o di uno studio professionale;

– lavoratori che abbiano prestato non meno di 30 anni di attività anche non continuativa, purché con interruzioni non superiori a 6 mesi alle dipendenze di più imprese.

– imprese individuali o società semplici o società in nome collettivo o in accomandita che abbiano svolto un’attività (o più attività merceologicamente affini, anche in settori diversi) ininterrotta per non meno di 25 anni, se ancora gestite dal fondatore alla data di presentazione della domanda di partecipazione al Concorso, o per non meno di 35 anni per le imprese operanti nel settore agricolo o gestite dagli eredi del fondatore.

– società di capitali e cooperative che abbiano ininterrottamente svolto un’attività (o più attività merceologicamente affini, anche in settori diversi) nella provincia di Asti per non meno di 25 anni.

– coloro che hanno svolto almeno 25 anni di attività complessiva, prima in qualità di dipendente di una stessa impresa e successivamente quale imprenditore per la medesima attività o per attività merceologicamente affine, anche in settori diversi.
Tra le due tipologie di attività, dipendente ed autonoma, è ammessa un’interruzione non superiore ad un anno.

– imprese che, effettuando nell’ultimo quinquennio consistenti investimenti, abbiano apportato nelle rispettive aziende notevoli miglioramenti di carattere tecnico-sociale.

– imprese che abbiano significativamente incrementato le esportazioni nell’ultimo quinquennio.

Sono ammessi al Concorso anche i lavoratori collocati a riposo e le imprese che hanno cessato l’attività nel periodo 1.1.2009 – 31.12.2013.

Bando di Concorso 2014

Domanda di partecipazione “Dipendenti”

Domanda di partecipazione “Imprese”

Per ulteriori informazioni:

Ufficio Categorie – tel. 0141.5962 int. 04 (Sig.ra Cristina Baccichetto)

 

Lo scorso 11 marzo la Giunta Comunale di Asti ha deliberato delle linee di indirizzo per consentire nell’ambito del territorio comunale l’applicazione della fattispecie contrattuale “affitto di poltrona” o “affitto di cabina” nell’esercizio delle attività di acconciatore ed estetista.

Si tratta di una formula di gestione aziendale innovativa che è già stata sperimentata in altri Paesi europei e in altri Comuni d’Italia, volta ad arginare il fenomeno del lavoro sommerso ed abusivo, favorendo l’occupazione, senza tralasciare l’opportunità di integrazione al reddito per le imprese già operanti che combatto con l’attuale crisi economica.

Il prossimo lunedì 31 marzo alle ore 20.30 presso la Sala Nebiolo di Confartigianato Asti si terrà un incontro di categoria nel quale verrà illustrata la nuova tipologia contrattuale. Gli interessati possono contattare l’Ufficio Categorie di Confartigianato Asti al n. 0141.5962 int. 04 Sig.ra Cristina Baccichetto.

Rassegna Stampa: La Nuova Provincia, La Stampa

Ancora una volta l’Amministrazione Comunale perde l’occasione di dimostrarsi coraggiosa e andare controcorrente, e si accoda sul sentiero percorso da coloro che si fanno incantare dalle sirene del “teleriscaldamento”, inteso quale panacea di tutti i nostri mali, in senso energetico ed ambientale. Ecco pertanto i soliti proclami accattivanti – spot elettorali – strombazzati sui mass-media: drastica diminuzione dell’inquinamento dell’aria grazie al distacco di molteplici caldaie Condominiali e di impianti autonomi, interessanti risparmi economici garantiti agli utenti da tariffe dell’energia miracolosamente ridotte e da manutenzioni agli impianti non più necessarie e – non ultimo per importanza – positive ricadute sul territorio in termini occupazionali per la manodopera locale  (senza tener conto che toglierebbero il lavoro a decine di imprese artigiane del territorio). Vantaggi talmente evidenti, da porre in secondo piano gli inevitabili disguidi e costi sociali che dovranno essere sopportati dalla cittadinanza a causa dei lavori di scavo ed interro delle linee di distribuzione del fluido termovettore (acqua calda o surriscaldata) che dovranno attraversare la città per poter raggiungere il massimo numero di edifici che volessero allacciarsi alla rete.

Peccato che tutto ciò – a fronte dei suddetti disagi che sono comunque inevitabili – non necessariamente si possa realizzare con altrettanta facilità. Ed il motivo non è da ricercarsi di per sé nella tecnologia del teleriscaldamento, che non ha nulla di sensazionale né di drammatico: significa “riscaldare a distanza”, ossia produrre calore in una grossa centrale termica, per es. a servizio di un intero quartiere, e distribuirlo con grossi gruppi di pompaggio attraverso tubazioni pre-isolate interrate sotto il manto stradale, ai vari edifici condominiali o comunali, i cui impianti di riscaldamento verrebbero allacciati alla rete stessa a mezzo di scambiatori di calore, che sostituirebbero di fatto i generatori di calore (caldaie). Anzi, purché abbinato ad una reale cogenerazione (produzione combinata di energia elettrica e termica), potrebbe anche avere un senso dal punto di vista energetico ( ma solo in questo caso e utilizzando inoltre  combustibili diversi  dal metano o dal gasolio)!

Tale pratica nacque in Europa Centrale nel dopoguerra, e si sviluppò nei decenni successivi, per poi essere abbandonata nelle nuove realizzazioni: ora da quelle parti puntano sulla micro-cogenerazione nei singoli edifici e sulla coibentazione dei medesimi!

Piuttosto è un problema di situazioni contingenti. E per spiegarci, citiamo il caso della vicina Alba: all’inizio degli anni ’80 si trattava di metanizzare la città, e di rinnovare il parco delle centrali condominiali funzionanti a nafta o a gasolio, sicuramente molto più inquinanti delle caldaie a metano. Al contempo occorreva risolvere il problema della fornitura di calore e vapore al locale Ospedale, per la cui centrale termica esistevano vincolanti problemi di messa a norma. Qualcuno ebbe la felice intuizione di teleriscaldarlo, e di estendere man mano il servizio al resto della città, al posto delle forniture di gas metano. Ecco realizzato l’obiettivo di concentrare la produzione di calore in un unico sito controllato e vigilato costantemente, abbattendo (probabilmente) l’inquinamento rispetto alle numerose caldaie a combustibile liquido sparse sul territorio, e realizzando la rete di distribuzione dell’acqua calda con opere di scavo che tanto si era comunque disposti a fare per la metanizzazione. Ma oggi la città di Asti non si trova affatto in questa condizione: a partire dagli anni ’80 è stata operata la metanizzazione del territorio, ormai giunta a saturazione, e a decorrere dalla fine degli anni ’90 le caldaie condominiali sono state progressivamente sostituite con generatori ad alta efficienza, tipicamente a condensazione, con economia di funzionamento ed effetti inquinanti nemmeno paragonabili a quelle convenzionali. Ormai il 70% dei generatori funzionanti in città ha queste caratteristiche, e questo deve essere un vanto per Asti, che una volta tanto si trova in cima e non in fondo alle classifiche di vivibilità.
Pertanto il rischio che si correrebbe con la centrale di teleriscaldamento sarebbe quello di inquinare di più, in modo concentrato! E veniamo alle tariffe. Anche da questo punto di vista la nostra città si colloca sfavorevolmente (e ciò non è un fatto negativo) nei confronti del teleriscaldamento: in tutti quei casi, e sono la maggioranza, di impianti di riscaldamento già dotati di caldaie a condensazione (s’intende ben gestite) i costi di produzione del calore dalla combustione di gas metano sono già estremamente ottimizzati. E’ quindi ben difficile che il gestore della rete, che brucia a sua volta gas metano, ancorché goda di benefici fiscali (il metano consumato per cogenerare calore ed elettricità sarebbe in parte defiscalizzato, e potrebbe vendere il calore applicando un aliquota IVA agevolata – finché lo Stato glielo consente), riesca ad offrire il calore a tariffe particolarmente allettanti. Infatti, quasi certamente dovrà applicare una tariffa binomia, richiedendo una quota fissa annuale per poter ammortizzare le ingenti opere che andrà a realizzare con investimenti milionari a lungo termine – la cosiddetta quota per potenza impegnata – che andrebbe inutilmente a sommarsi alla quota energetica. Un vantaggio potrebbe sussistere (ma occorre comunque fare i conti!) solo per quegli stabili che necessitassero di ingenti investimenti per il rifacimento della centrale termica, e che potrebbero evitare di riqualificarla allacciandosi alla rete, anche se persisterebbe il rischio di legarsi “mani e piedi” ad un nuovo monopolista “de facto”: il gestore del teleriscaldamento.

In definitiva il timore, purtroppo più che fondato (basta sentire anche “l’altra campana”, informandosi su cosa sta accadendo in altre città: Torino, Rimini, Racconigi….) è che il teleriscaldamento sia un business, ma tanto per cambiare solo per i gestori, e non per gli utenti. Il coraggio, da parte di Amministratori Comunali accorti e lungimiranti, potrebbe al contrario manifestarsi inaspettatamente, tappandosi le orecchie e accettando l’unica vera sfida in grado di segnare radicalmente il futuro della nostra economia, con pesanti ricadute positive sulla collettività: quella del vero risparmio energetico, la cosiddetta “settima fonte energetica”. Perché non investiamo nella coibentazione degli involucri degli edifici? A partire da quelli più energivori. Abbatteremmo almeno del 20:30% i consumi, e quindi di conseguenza l’inquinamento, creeremmo occupazione, non paralizzeremmo la città con inutili cantieri a cielo aperto! Ma ci rendiamo conto: servirebbe molto, ma molto coraggio!