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E’ sconcertante la decisione del Ministro Clini di riavviare il Sistri nonostante tutte le criticità sul sistema di tracciabilità dei rifiuti più volte evidenziate dalle imprese. Una decisione che non tiene minimamente conto delle gravi difficoltà che in questa fase di dura e profonda recessione stanno attraversando le Pmi, in particolare del terziario di mercato e dell’artigianato, ormai ridotte allo stremo: così Rete Imprese Italia sulla firma e la pubblicazione in Gazzetta di un decreto del Ministro dell’Ambiente, con il quale si dispone il riavvio del sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri).
“La crisi economica e finanziaria che stiamo attraversando  – sottolinea il presidente di Rete Imprese Italia, Carlo Sangalli, in una lettera inviata oggi al Presidente del Consiglio, Mario Monti, ai ministri dello sviluppo economico e dell’ambiente, Corrado Passera e Corrado Clini, e al Garante delle Pmi, Giuseppe Tripoli – richiederebbe prioritariamente di indirizzare gli sforzi del Governo verso misure e provvedimenti capaci di far ripartire l’economia e non verso atti capaci solo di penalizzare ancora di più le imprese che faticosamente stanno cercando di mantenersi in vita garantendo milioni di posti di lavoro”.

“Nonostante Rete Imprese Italia abbia ripetutamente evidenziato le problematiche derivanti dalle disposizioni contenute nel decreto – continua Sangalli –  nulla risulta essere cambiato. La decisione appare, pertanto, in netto contrasto con quanto riscontrato dalle imprese fino ad oggi e ben evidenziato nella relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nonché clamorosamente certificato dalle ultime indagini della magistratura”.

“Per la sopravvivenza del sistema economico e produttivo del Paese – conclude Sangalli – Rete Imprese Italia ritiene dunque indispensabile un intervento diretto del presidente del Consiglio affinché sia immediatamente ritirato e abrogato il decreto e, contestualmente, sia prorogato l’attuale periodo di sospensione del sistema e relativi contributi. Inoltre, il riavvio di questo strumento dovrà necessariamente essere subordinato alla formulazione di un nuovo sistema di tracciabilità di semplice utilizzo, efficace per il reale contrasto alle ecomafie, di vantaggio per le imprese, fondato su criteri di trasparenza ed efficienza”.

SU CONFARTIGIANATO ASTI LA SOLIDARIETÀ PUÒ CONTARCI”
La Confartigianato di Asti ha rinnovato per il prossimo triennio 2013/2015 l’accordo di

collaborazione con l’Anpas, Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze Comitato Regionale Piemonte volto al benessere della collettività locale in modo da favorire la crescita e il sostegno delle Pubbliche Assistenze astigiane, quali associazioni di volontariato, attraverso la devoluzione del 5 per mille. Queste donazioni verranno stanziate
per l’acquisto di mezzi di soccorso “ambulanze, trasporto disabili, emergenze.

Si invitano pertanto inostri collaboratori, associati ed i loro famigliari a donare il 5per mille all’ ANPAS per potere realizzare questo importante obiettivo e permettere a sua volta l’acquisto di questi mezzi fondamentali per la nostra Provincia.
DESTINA IL TUO5 PER MILLE ALL’ANPAS PIEMONTE L’ANPAS
Comitato Regionale Piemonte nasce nel 1974 e rappresenta oggi 80 associazioni di volontariato,8.637 volontari, 11.179 soci,
329 dipendenti che, con 403 autoambulanze, 91 automezzi per il trasporto disabili e 186 automezzi per il trasporto persone e di protezione civile, svolgono annualmente 370 mila servizi con una percorrenza complessiva di oltre 12 milioni di chilometri.
Ha sviluppato grandi progetti di solidarietà internazionale ed è autorizzata per le adozioni internazionali in Bulgaria, Costa
Rica, Venezuela, Gambia, Nepal, Armenia, Sri  Lanka, Kenya, Isole Mauritius e Taiwan.

Il5 per mille devoluto all’ANPAS Comitato Regionale Piemonte sarà Interamente destinato all’acquisto di mezzi e strutture di protezione civile e a finanziare i progetti internazionali
a favore dell’infanzia.

COSA FARE PER DESTINARE IL 5 PER MILLE ALL’ANPAS PIEMONTE

Il contribuente può destinare all’ANPAS PIEMONTE la quota del 5 per mille della sua imposta sul reddito delle persone fisiche, relativa a lì periodo di imposta 2012,apponendo la firma sul riquadro “Sostegno del volontariato, delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale” che figura sui modelli di dichiarazione ed indicando il codice fiscale dell’A.N.P.AS. Piemonte 05594350018(CUD 2012; 730/1-bis redditi 2012; UNICO persone fisiche 2012).
È consentita una sola scelta di destinazione. Ricordiamo che la scelta di destinazione del 5 per mille e quella dell’8 per mille di cui alla legge n. 222 del 1985 non sono in alcun modo alternative fra loro.


 

SOTTOSCRIVI L’APPELLO DI RETE IMPRESE ITALIA AL GOVERNO, AL PARLAMENTO E ALLA POLITICA:

SENZA CRESCITA SI MUORE

LA CRISI STA CANCELLANDO LA PARTE PIÙ VITALE DEL NOSTRO SISTEMA PRODUTTIVO. NEL 2013, 26,6 MILIARDI IN MENO DI PIL, 22,8 MILIARDI IN MENO DI CONSUMI, 249 MILA

CHIUSURE DELLE ATTIVITÁ COMMERCIALI E DELL’ARTIGIANATO. SULLE SPALLE DEGLI IMPRENDITORI NON C’È SOLO LA RECESSIONE, C’È IL FARDELLO SEMPRE PIÙ PESANTE DI TASSE RECORD, CREDITO LATITANTE, BUROCRAZIA OPPRIMENTE E UNA POLITICA INCONCLUDENTE. ECCO PERCHÉ LA RIPRESA DIVENTA UN MIRAGGIO.ECCO PERCHÉ GLI IMPRENDITORI HANNO PERSO LA PAZIENZA E STANNO PERDENDO LA SPERANZA. MA IL DESTINO NON È SEGNATO. LE IMPRESE DELL’ARTIGIANATO, DEL TERZIARIO DI MERCATO E L’IMPRE SA DIFFUSA, CHE NEL NOSTRO PAESE PRODUCONO IL 58% DEL PIL E DANNO LAVORO AL 62% DEGLI OCCUPATI, NON CI STANNO! REAGIRE ALLA CRISI SI DEVE E SI PUÒ.

LE NOSTRE IMPRESE HANNO FATTO TUTTO IL POSSIBILE: ADESSO TOCCA A VOI!

LE PRIORITÀ PER TORNARE A CRESCERE PREMESSA: DAL RIGORE NECESSARIO ALLA NECESSITÀ DELLA CRESCITA

La lezione fondamentale che, a nostro avviso, ha impartito questa grande crisi è la necessità di ripartire dalle buone ragioni dell’economia reale e cioè dalle ragioni, insieme, delle imprese e del lavoro.

Il rigore necessario è stato praticato. Ha scongiurato, con un largo ed emergenziale ricorso alla leva fiscale, la crisi di fiducia nei confronti dei nostri titoli del debito pubblico, ma ha concorso, tuttavia, ad aggravare il quadro recessivo della
nostra economia.

Il compito fondamentale della legislatura che verrà deve essere, dunque, quello di realizzare una compiuta integrazione tra la disciplina fiscale e del pubblico bilancio e le esigenze di crescita ed equità. Perché questa integrazione è la condizione
fondamentale per consolidare la credibilità dell’Italia e per ricostruire la fiducia nel suo futuro.

1. RIDURRE LA PRESSIONE FISCALE

La prossima agenda di governo deve prevedere, come prioritari, interventi volti alla progressiva riduzione della pressione fiscale complessiva a carico dei contribuenti in regola.

Ciò non potrà che essere il risultato dell’avanzamento contestuale del contrasto e del recupero di evasione ed elusione(con un “vincolo di destinazione” del gettito derivante dal recupero delle risorse evase ai cittadini e alle aziende), da una parte e dell’avanzamento deciso, dall’altra, di una spending review capace non solo di bonificare inefficienze, improduttività e veri e propri sprechi largamente presenti nella struttura della nostra spesa pubblica, ma anche di stimolare la ridefinizione e la razionalizzazione del perimetro complessivo della funzione pubblica e della sua ridondante complessità di livelli stituzionali ed amministrativi.

Occorre:

scongiurare, prima di tutto, l’ulteriore innalzamento dell’aliquota IVA previsto a partire dal 1° luglio prossimo. Si tratterebbe di un aumento che causerebbe un ulteriore crollo della domanda, mettendo a rischio gli esiti del gettito o innescando un ulteriore effetto recessivo;

ridurre l’imposizione Irap, mediante un progressivo incremento della franchigia ed una progressiva eliminazione del costo del lavoro dalla  ed una progressiva eliminazione del costo del lavoro dalla base imponibile, definendo al contempo le imprese non soggette ad Irap perché prive di autonoma organizzazione;

escludere dall’IMU gli mmobili strumentali all’attività d’impresa, considerando che si tratta di beni che non rappresentano una forma di accumulo di patrimonio e che subiscono già una tassazione attraverso il loro concorso alla produzione del reddito di
impresa;

ridefinire il tributoifiuti e servizi TARES, strutturando un nuovo sistema tariffario che rappresenti al meglio la reale produzione di rifiuti delle varie categorie economiche.

2. PROSEGUIRE NELL’AZIONE DI SEMPLIFICAZIONE

Bisogna inoltre fare scelte decise di semplificazione normativa e amministrativa: non costa, ma libera risorse per la crescita, favorendo un miglior ambiente imprenditoriale.

I costi della burocrazia risultano infatti sempre più gravosi per le imprese e, peraltro, la loro incidenza sul fatturato non subisce variazioni anche a fronte di una riduzione dell’attività imprenditoriale.

Per avere contezza dell’importanza del tema per le imprese, basta ricordare che il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha stimato in oltre 23 miliardi di euro l’anno gli oneri amministrativi relativi ad 81 procedure particolarmente rilevanti per le imprese. In tale ottica le imprese non devono – e non dovranno più – subire
un sistema come il SISTRI:
sistema segnato da profonde disfunzionalità di ordine operativo e tecnologico che ne rendono necessaria una integrale rivisitazione.

3. DARE CREDITO ALLE IMPRESE

Le MPMI e l’impresa diffusa hanno sempre più difficoltà di accesso al credito e sempre meno capacità difronteggiare il loro fabbisogno finanziario. È quindi necessario:

• sfruttare il via libera dato dalla Commissione Europea per risolvere definitivamente il problema dei pagamenti della PA identificando modalità operative semplici, veloci e di impatto immediato (come la compensazione secca e diretta tra i debiti degli enti pubblici verso le imprese e i debiti fiscali e contributivi delle imprese verso lo stato);

• al fine di contrastare il credit cruch in atto che colpisce principalmente le MPMI che ricorrono in modoquasi esclusivo al credito bancario per le loro necessita’ finanziarie, promuovere un intervento concertato con gli altri Stati Europei presso le Istituzioni Europee e, in particolare presso la BCE, affinche’ quest’ultima eroghi speciali finanziamenti alle banche con vincolo di destinazione a favore del credito alle imprese. In tal modo si aiuterebbe il sistema bancario a reperire la liquidita’ necessaria a tassi favorevoli che pero’ dovrebbe essere obbligatoriamente utilizzata per fornire supporto al sistema delle imprese
(quanto meno per le necessita’ finanziarie a breve termine).

4. SVILUPPARE LE IMPRESE SOSTENENDO IL MERCATO DEL LAVORO

Quanto al mercato del lavoro serve una inversione di rotta rispetto ai continui incrementi dei costi diretti ed indiretti sul lavoro, che seguono il progressivo arretramento dello Stato dalla spesa sociale e dai servizi al lavoro. Occorre pertanto:

intervenire su costo del lavoro non solo con incentivi a breve, importanti ma non sufficienti, ma con
un piano di interventi strutturali
da realizzare in un tempo definito e con una riprogrammazione della spesa pubblica;

garantire il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga per tutto l’anno 2013, individuando le risorse in risparmi di spesa e non come ancora si pensa, utilizzando i contributi che le aziende destinano
alla formazione continua da realizzare con i fondi interprofessionali;

sviluppare gli incentivi per l’assunzione di giovani e favorirne l’ingresso nel mercato del lavoro anche come imprenditori

• al fine di creare nuove opportunità lavorative bisogna consentire alle imprese di utilizzare tuttele forme contrattuali, nel rispetto delle norme di legge, ma senza penalizzazioni.

Un’altra legge contro l’occupazione. Dal 1° agosto potrebbero trovarsi senza lavoro molti dei 57.000 installatori di impianti che operano nel settore dell’energia da fonti rinnovabili: fotovoltaico, a biomasse, solare termico, pompe di calore e geotermia.

E’ il destino che li attende in base al decreto legislativo 28/11 che recepisce una direttiva europea e impone, quale requisito per poter effettuare interventi di installazione nel settore delle rinnovabili, percorsi di qualificazione professionale per i responsabili tecnici delle aziende (titolari e dipendenti).

Ma, mentre per i laureati e i diplomati agli istituti tecnici la legge non prevede obblighi di formazione, e per i diplomati di scuola professionale impone un corso di 80 ore, non c’è alcun riferimento a titolari e dipendenti in possesso del titolo di studio della scuola dell’obbligo e dell’esperienza maturata in anni di lavoro.

In pratica a questi imprenditori si nega sia il riconoscimento delle competenze acquisite sia la possibilità di svolgere corsi di aggiornamento professionale. Per la legge è come se non esistessero.

Si tratta di una disposizione assurda, inaccettabile e discriminatoria che impedisce di lavorare a migliaia di imprenditori che da anni svolgono con competenza la propria attività.

Soprattutto in questo momento di crisi, una norma come questa si abbatte come una mannaia sulle imprese e sui lavoratori del settore installazione impianti. Tutto il contrario di quanto servirebbe sia per favorire l’occupazione sia per contribuire a sviluppare il settore delle energie rinnovabili.

Confartigianato Impianti è intervenuta presso il Ministero dello Sviluppo Economico per sollecitare la modifica della legge che presenta profili di incostituzionalità poiché crea una barriera ingiustificata all’attività imprenditoriale, finendo per estromettere dal mercato migliaia di aziende. Confartigianato chiede che nel decreto legislativo vengano salvaguardati i diritti acquisiti (previsti dal Decreto Ministeriale 37/08) degli installatori di impianti, non laureati o diplomati, che operano da anni sul mercato.

Confartigianato è pronta a far sentire la propria voce in tutte le sedi istituzionali per difendere il diritto degli imprenditori a lavorare.